di Luca Ruggero Jacovella
Per diversi mesi, da marzo a giugno 2014,
insieme a Sos Musicisti (Associazione Nazionale a Tutela della Musica e dei Musicisti) abbiamo promosso una petizione su
change.org indirizzata alla SIAE e avente come obiettivo l’eliminazione di una
specifica tariffa per la musica dal vivo, che, secondo la nostra visione,
costituiva un pericolo e un ostacolo per la cultura musicale.
In
seguito ad una massiccia adesione di firme, sono stati fatti incontri mirati
con gli uffici preposti della Società e con gli organi sociali. Il risultato è stato una
vittoria, e perciò la tariffa “incriminata” è stata finalmente abolita con
effetto dal mese di Luglio 2014. Ciò ha rappresentato un caso virtuoso di comunicazione dal basso con la Siae, di capacità della stessa di operare cambiamenti positivi, ma anche, probabilmente, un caso unico nel genere.
Ecco la notizia diffusa sul web:
La tariffa
in questione poneva alla base del calcolo del diritto d’autore, dovuto dai pubblici esercizi, il parametro
del numero degli elementi del gruppo musicale, e la tariffa aumentava oltre i 3 musicisti. Quindi,
prima dell'evento, il locale doveva dichiarare che tipo di organico avrebbe ingaggiato e fatto suonare: fino a 3, oppure oltre 3 elementi. Probabilmente, per
risparmiare, molti gestori dichiaravano “fino a 3”, ma se in caso di ispezione sul palco suonavano in 4 o in 5, sarebbe potuta scattare una sanzione.
Qual era
dunque la ratio applicata dalla Società Italiana Autori ed Editori?
Evidentemente era il nesso supposto tra il numero di musicisti e la capacità contributiva del
locale. Tanti più musicisti sul palco, tanto più il locale dimostrava di avere
risorse economiche, quindi doveva pagare il diritto d’autore in misura
maggiore. I musicisti erano quindi, praticamente, degli “spesometri”, degli indicatori di
ricchezza, ma a loro insaputa...
Gli artisti
sul palco venivano dunque contati, così come si contano le pecore di un gregge
per calcolare quanta lana possono produrre.
Pecore come portatrici
di ricchezza; la “lana” (per citarne una sola), utilizzata da terzi soggetti che detengono il potere del sistema economico - giuridico, che nel nostro caso si chiama “diritto d’autore”.
![]() |
pecore prima della conta, ma una di loro si accorgerà della trappola! |
Questo esempio può apparire surreale, ma la riflessione che si intende sviluppare è rivolta internamente alla condizione del musicista, alla diffusa mancanza di consapevolezza, e alla ricerca delle cause endogene che lo hanno portato oggi in una condizione di grave crisi, sotto molti punti di vista. Il diritto d'autore è uno dei princìpi cardine che riguarda ogni musicista in attività, ed è per questo che le due dimensioni dovrebbero interagire in un ambiente sano, equilibrato e illuminato.
Inoltre, la scienza giuridica non dovrebbe prescindere dalla scienza musicologica specifica di ogni diverso tipo di espressione musicale. Altrimenti si possono creare strani risultati.
Inoltre, la scienza giuridica non dovrebbe prescindere dalla scienza musicologica specifica di ogni diverso tipo di espressione musicale. Altrimenti si possono creare strani risultati.
Questo articolo non vuole
assolutamente mettere in dubbio la positività del riconoscere il giusto compenso ai
creatori di opere dell’ingegno, anzi, ma vuole evidenziarne l’applicazione deforme,
il paradigma vizioso, foriero di ingiustizie e aberrazioni concettuali da parte di altri, sicuramente autorevoli, che trattano la materia tecnico-amministrativa allontanandola dalla sua primaria funzione.
Tale processo, tipicamente italiano, rende il campo applicativo talmente articolato e farraginoso, che l'orientamento sfugge forse proprio ai veri proprietari morali della Società: gli “autori”.
Un motto utilizzato nella
nostra petizione recitava: “Il metodo è il contenuto”, ed era così spiegato:
“la SIAE
adotta, appunto, un “metodo”. Il metodo è importante perché è la dichiarazione
di un punto di vista, di un ambito gnoseologico di appartenenza, e rivela un
contenuto. Tali parametri sono quindi paradigmatici di un tipo di contenuto che
è incompatibile con lo sviluppo della cultura musicale.
Analizziamo meglio la questione. Questa specifica tariffa si applicava nell'ambito dei cd. “Trattenimenti o Concertini”, ovvero in quelle manifestazioni dove la musica (secondo Siae) è complementare all'attività economica principale del locale, e dove il pubblico ha un ruolo sostanzialmente “attivo” (sempre secondo i dogmi vigenti). Viceversa negli “Spettacoli”, ovvero nei Concerti veri e propri, il richiamo è la musica, e il pubblico è “passivo” (non interviene in nessun modo alla performance …). Basterebbero soltanto queste nozioni a far sussultare chiunque ami la musica jazz ed abbia visto filmati e foto d’epoca, con i protagonisti che hanno scritto la storia di questo genere musicale esibirsi di fronte ad un pubblico più che partecipe, che beveva, ballava, incitava, diventando parte integrante del rito collettivo, etc. etc..
![]() | |||||
W.Marsalis al Lincoln Center (fonte jazz.org). Pubblico attivissimo: intrattenimento o concerto? |
Quindi, che senso ha distinguere tra pubblico “attivo” e “passivo” ai fini del diritto d'autore,
se sono le mutevoli abitudini e convenzioni sociali, e le diverse qualità di energia e le diverse quantità di “groove”,
a determinare le differenti risposte psicofisiche ed interattive dei fruitori?
Ci è d'aiuto in questo caso la sintesi di J.J. Nattiez ("Il discorso musicale"-1987), secondo il quale la dimensione estesica (la ricezione) è un processo attivo di costruzione, non una semplice decodifica.
Nei Concerti,
dunque, non era contemplata la tariffa che aumentava in base all'organico. Perché? Perché
la Siae conosce bene l’impianto teorico della musica che tradizionalmente si è sempre suonata in “concerto”. Essa è composta e scritta (ripeto “scritta”) per un determinato
organico. E’ l’autore stesso che determina il numero dei musicisti: quartetto d’archi,
ottetto, orchestra sinfonica, etc… La volontà dell'autore è sovrana, specialmente nella musica "seria" (locuzione obsoleta di derivazione adorniana). Nella
musica “altra” invece (ancora spesso catalogata come “leggera”), l’autore non scrive una
partitura orchestrale, ma quasi sempre solo la traccia melodica (e non per una "mancanza", ma perchè agisce all'interno di un diverso assetto cognitivo e mediologico denominato "Principio Audiotattile"). Qualche burocrate del diritto
d’autore (applicato) avrà dunque pensato in passato che tali “opere”, potendo essere “eseguite” in pubblico
(ogni virgolettato meriterebbe un articolo a parte) indifferentemente sia da un
solo elemento che da un intero gruppo orchestrale, potevano consentire una raccolta di diritti attraverso un parametro dipendente proprio dall'organico strumentale impiegato dal vivo. Tale considerazione è stata evidentemente avallata per anni dalle associazioni di categoria degli esercenti. Sintomatica, e triste, è appunto la circostanza nella quale due parti contrattuali (Siae e Associazioni di categoria) hanno preso accordi tra di loro, computando ed usando quantità numeriche di altri soggetti, i musicisti, totalmente ignari di tutto ciò!
L'errore concettuale, da una parte, è stato quindi quello di non aver considerato l’organico come una risorsa timbrica ed espressiva, una scelta stilistica degli artisti performer nella musica d'insieme, così come ovviamente la storia della popular music e del jazz ci ha insegnato, ma di averlo considerato esclusivamente come un indicatore di capacità contributiva del locale. Dall'altra parte, quella dei musicisti, l'errore storicizzato sta nel non aver fatto nulla per sedere ai tavoli di queste trattative, al fine di essere protagonista delle determinazioni nel campo dello spettacolo.
L'errore concettuale, da una parte, è stato quindi quello di non aver considerato l’organico come una risorsa timbrica ed espressiva, una scelta stilistica degli artisti performer nella musica d'insieme, così come ovviamente la storia della popular music e del jazz ci ha insegnato, ma di averlo considerato esclusivamente come un indicatore di capacità contributiva del locale. Dall'altra parte, quella dei musicisti, l'errore storicizzato sta nel non aver fatto nulla per sedere ai tavoli di queste trattative, al fine di essere protagonista delle determinazioni nel campo dello spettacolo.
Ma la Siae
non dovrebbe tutelare gli artisti?
Questo è un grande equivoco. La Siae tutela
e amministra un particolare diritto di proprietà privato chiamato diritto d’autore. I
performer dal vivo sono quindi considerati, di fatto, dei meri “strumenti”, dei semplici
medium tra le “opere” degli autori e l’economia dei fruitori. Allo stato, per la Siae, i performer (dal vivo) non
sono titolari di alcun diritto, ma solo di doveri di correttezza nella compilazione
del programma musicale (borderò). Non è
questa però la sede per approfondire musicologicamente il ruolo del performer
riguardo la “formatività” e il processo concreto di realizzazione sonora delle opere (erroneamente
considerate dalla legge già assolutamente compiute e “chiuse”).
Vorrei
concludere dicendo che, tra le tantissime conquiste per cui vale la
pena lottare, la prima, basilare, l’abbiamo ottenuta: il musicista performer non
subirà più l’umiliazione di essere contato sul palco, a sua insaputa, quale
strumento del diritto d’autore altrui! Non sarà più “oggetto”.
Facciamo insieme in modo che diventi finalmente “soggetto” titolare e creatore di diritti a tutti gli effetti.
Facciamo insieme in modo che diventi finalmente “soggetto” titolare e creatore di diritti a tutti gli effetti.
Con Sos Musicisti ringraziamo
l’Ufficio Accordi Siae, l’Associazione Acep, i membri della Commissione Musica del Consiglio di
Sorveglianza della Siae per aver collaborato e per aver eliminato il parametro tariffario, e tutti i 1857 firmatari dell'appello!
Luca Ruggero
Jacovella - 2014 (info@lucajacovella.com)
Pecore, Musica e Diritto d'Autore! diLuca Ruggero Jacovella è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.