E' online l'intervista realizzata da Fabio Ciminiera per Jazz Convention a Luca Ruggero Jacovella.
L'argomento è la recente iniziativa di appello alla SIAE riguardante il riconoscimento del diritto d'autore sulle improvvisazioni creative e jazz.
Il tono discorsivo con domande e risposte favorisce la comprensione della materia senza troppi tecnicismi.
L'intervista completa sul sito di Jazz Convention al seguente link:
http://www.jazzconvention.net/index.php?option=com_content&view=article&id=1758%3Ail-riconoscimento-del-diritto-dautore-sulle-improvvisazioni-creative&catid=1%3Aarticoli&Itemid=10
Riflessioni e teorie musicologiche sulle performance artistiche. Concerto, entertainment, e "concertainment". Jazz e musiche audiotattili. Diritto sulle improvvisazioni jazz. A cura di Luca Ruggero Jacovella
venerdì 25 ottobre 2013
Intervista su Jazz Convention a Luca Ruggero Jacovella
mercoledì 18 settembre 2013
Il “Concertainment” al Jazzit Fest – un nuovo paradigma nel fare cultura …
di Luca Ruggero Jacovella
Dal 5 all’8 settembre si è svolto a Collescipoli, un
caratteristico borgo medievale in provincia di Terni, il JAZZIT FEST . L’innovativo
evento, ideato da Luciano Vanni, editore dell’autorevole rivista JazzIt.
Il Jazzit Fest ha ospitato oltre 100 esibizioni, con 450
musicisti. Chiostri, piazzette, chiese sconsacrate …, ogni possibile spazio del
piccolo borgo ha visto i protagonisti alternarsi in performance di jazz mainstream
e moderno, di teatro e musica, piccoli e grandi ensemble, con giovani emergenti
e nomi già affermati fianco a fianco.
“Il primo Festival ad impatto zero”, così recitava lo
slogan, non è ricorso ad alcun contributo pubblico, ed ha avuto il merito
ulteriore di coinvolgere anche gli abitanti e gli operatori economici del paese
in questo lungo, curioso e coraggioso happening.
“Il Festival che ha cambiato per sempre i paradigmi di fare
cultura in Italia” è un’altra orgogliosa affermazione dell’ideatore. Noi
crediamo che sia effettivamente così, almeno per quanto riguarda il nostro
specifico focus di osservazione: il setting performativo dei tanti eventi che
erano in programma.
Nel linguaggio comune, le esibizioni svoltesi al Jazzit Fest
vengono definite “concerti”. Eppure il pubblico era libero di passeggiare per
le vie, di entrare ed uscire dai luoghi deputati agli spettacoli, di ascoltare in
maniera concentrata o di alternare l’attenzione alla conversazione con amici e
compagni. Queste sono tutte condotte solitamente non appropriate a ciò che si
intende comunemente per “concerto”. Difatti, nella fruizione tradizionale e
romantica del concerto, l’ascoltatore ha un ruolo passivo, spesso anche suo
malgrado, ed in rigida osservanza delle regole sociali che impongono silenzio e
rispettoso immobilismo fisico fino alla fine delle esecuzioni.
Nel nostro caso invece, il pubblico (“fruitore”) era
totalmente libero di assumere i comportamenti che preferiva. Molti hanno posto
in essere azioni attive, quali la selezione di particolari momenti di una
performance, poi la scelta di uscire e di selezionare successivamente altre
performance in corso a pochi passi di distanza: una sorta di “editing” o di “telecomando”
che agisce sulla creazione del proprio format di serata e di un proprio “paesaggio
acustico”. I fruitori, quindi, hanno goduto della libertà nello spazio data
convenzionalmente da ciò che intrattiene senza impegno, come “l’entertainment”
(punto di vista etic), ma allo stesso tempo hanno avuto l’occasione di
assistere a performance nelle quali la volontà artistica ed il modus operandi
dei musicisti, riguardo la creazione dell’opera (aspetto poietico), erano
espressi secondo le loro massime potenzialità ed i loro soggettivi valori espressivi
più alti (punti di vista emic).
Questo tipo di esperienza e di relazione fra performer e
fruitori lo abbiamo definito attraverso il neologismo “CONCERTAINMENT”. Esso si realizza quindi, quando una performance
artistica avente una intenzionalità concertistica “alta” (espressione di un “Kunstwollen”
del musicista) viene de-localizzata e de-contestualizzata rispetto ai luoghi
abituali, rendendo, nel contempo, liberi i fruitori di assumere qualsiasi
condotta. Il Concerto e l’Entertainment si compenetrano creando una “nuova”
forma di interazione fra produzione e ricezione (attiva) dell’opera. Modello
certamente più consono allo spirito originario del jazz.
Il Jazzit Fest a Collescipoli è stato perciò palcoscenico di
oltre 100 Concertainment in 4 giorni. Davvero un cambiamento di paradigma nel fare cultura!
giovedì 18 luglio 2013
Il Silenzio, qualche riflessione (Tesi di Chiara Viola Uccello)
di Chiara Viola Uccello - © 2013
(un estratto dalla prima pagina)
Il silenzio, per definizione, è assenza di suono, assenza di rumore, assenza di parola. In realtà è abbastanza corretto e unanimemente accettabile affermare che il silenzio non esiste. O comunque non è percepibile finché c'è vita. Anche all'interno di una camera anecoica (dal greco “priva di eco”), un ambiente costruito in modo tale da riflettere il meno possibile le onde sonore, quindi silenzioso, si è in grado di percepire dei rumori: il proprio respiro, innanzitutto, il battito cardiaco, i gorgoglii dello stomaco. Silenzio al quale l'uomo non è abituato. Di così difficile sperimentazione che l'essere umano non riesce a resistere per più di 45 minuti al suo interno.
Raccontava John Cage (Los Angeles 1912 - New York 1992), musicista e compositore contemporaneo che cambiò la concezione della musica nel Novecento, dopo aver visitato la camera anecoica dell'Università di Harvard, di aver sentito due suoni, uno alto e uno basso. Il tecnico di servizio gli spiegò che aveva sentito il suo sistema nervoso in funzione e il suo sangue in circolazione.
Silenzio positivo, silenzio pieno, silenzio che ripristini l'armonia del mondo e allontani la disfatta dello spirito, silenzio che plachi il tumulto della mente, silenzio che ci riporti ad un ascolto attivo del paesaggio sonoro, che diventa opera d'arte, e di tutto quello che accade intorno. Che sia arte o che sia vita.
Raccontava John Cage (Los Angeles 1912 - New York 1992), musicista e compositore contemporaneo che cambiò la concezione della musica nel Novecento, dopo aver visitato la camera anecoica dell'Università di Harvard, di aver sentito due suoni, uno alto e uno basso. Il tecnico di servizio gli spiegò che aveva sentito il suo sistema nervoso in funzione e il suo sangue in circolazione.
Silenzio positivo, silenzio pieno, silenzio che ripristini l'armonia del mondo e allontani la disfatta dello spirito, silenzio che plachi il tumulto della mente, silenzio che ci riporti ad un ascolto attivo del paesaggio sonoro, che diventa opera d'arte, e di tutto quello che accade intorno. Che sia arte o che sia vita.
(R. Murray Schafer)
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martedì 18 giugno 2013
Verso un riconoscimento del diritto d'autore sulle improvvisazioni jazz
di Luca Ruggero Jacovella
Sono diversi anni che associazioni di musicisti jazz,
associazioni di autori e noti musicisti, cercano di far riconoscere alla SIAE
il diritto d’autore sull’improvvisazione. Tale diritto viene invece in un certo modo riconosciuto, dal 1982, dalla SACEM francese.
Finora non vi è stato alcun esito positivo. L'insuccesso è stato determinato
da una non-considerazione dell'istanza da parte dei grandi autori ed editori (perché in questa innovazione
vedrebbero probabilmente diminuire il valore economico dei temi famosi,
degli standards, degli evergreen), ma
anche forse perché le proposte, finora, mancavano di forti o specifiche argomentazioni
tecnico-giuridiche.
Il problema concettuale principale, è individuare “l’opera”
in una improvvisazione estemporanea, dato che, allo stato attuale, per la
SIAE, l’opera è una partitura di un brano originale e autonomo, che si deposita
in maniera tradizionale.
Negli ultimi anni però sono intervenute delle novità in
campo musicologico ed istituzionale. Vediamo dunque i punti salienti della mia
proposta per il riconoscimento del diritto sull’improvvisazione:
1) Una
revisione e una attualizzazione dell’Art. 33 comma 4 del Regolamento
Generale della SIAE, estendendo la possibilità del deposito tramite
registrazione sonora anche alla musica jazz ed alle “musiche improvvisate ed audiotattili”, così come già previsto
per la “musica concreta”. Il Consiglio di Gestione può inoltre
stabilire che tale deposito avvenga per via telematica (Art. 21 R.G.).
2) Una
revisione dell’Art 3 comma 4 dello
stesso R.G., che impedisce all’associato di vantare diritti per
utilizzazioni anteriori alla data di dichiarazione delle opere. Ciò in quanto l’improvvisazione
creativa non può, per definizione, essere pre-vista e depositata prima della
propria nascita.
3) Il
recepimento del Decreto Ministeriale emanato dal M.I.U.R. il 3 Luglio 2009,
nel quale si individuano, fra le aree disciplinari, le “discipline interpretative del jazz, delle musiche improvvisate e
audiotattili”, dal quale ne deriva, per conseguenza logica, il
riconoscimento del diritto d’autore sulle improvvisazioni creative quali opera
dell’ingegno. Già l’art. 2 comma 2 della L.d.A . prevede la protezione
delle “variazioni musicali costituenti di
per sé opera originale”.
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martedì 28 maggio 2013
Intonazione del Diapason a 440 hz per legge!
Lo sapevate che ... la frequenza di intonazione del diapason è determinata da una legge della Repubblica Italiana?
--------------
LEGGE 3 maggio 1989, n. 170
Normalizzazione dell'intonazione di base degli strumenti musicali. (GU n.109 del 12-5-1989)
note:
Entrata in vigore della legge: 27/05/1989
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge: Art. 1. 1. Il suono di riferimento per l'intonazione di base degli strumenti musicali e' la nota La3, la cui altezza deve corrispondere alla frequenza di 440 Hertz (Hz), misurata alla temperatura ambiente di 20 gradi centigradi.
Art. 2.
1. E' fatto obbligo agli istituti di istruzione musicale, alle
istituzioni e organizzazioni, comunque sovvenzionate dallo Stato o da
enti pubblici, che gestiscono o utilizzano orchestre o altri
complessi strumentali, e all'ente concessionario del servizio
pubblico radiotelevisivo di adottare stabilmente come suono di
riferimento per l'intonazione la nota La3 di cui all'articolo 1. Sono
in ogni caso fatte salve le esigenze di ricerca e artistiche, quando
non vengano eseguiti brani di musica vocale e spettacoli lirici.
Art. 3.
1. Per ottemperare a quanto disposto dagli articoli 1 e 2, e' fatto
obbligo di utilizzare per l'intonazione strumenti di riferimento
pratico (diapason a forchetta, regoli metallici, piastre, generatori
elettronici, eccetera) tarati alla frequenza di 440 Hertz e dotati di
relativo marchio di garanzia, indicante la frequenza prescritta. E'
ammessa la tolleranza, in piu' o in meno, non superiore a 0,5 Hertz.
venerdì 10 maggio 2013
Considerazioni su “Il paesaggio sonoro”
Le persone di questo tempo, e soprattutto chi vive nelle grandi città, sperimentano una condizione acustica ambientale molto diversa da quella che si presentava oltre un secolo fa. Possiamo indicare come demarcatore temporale approssimativo la nascita della “rivoluzione industriale”.
Dall’avvento
delle macchine, nelle fabbriche e nelle strade (automobili), degli
elettrodomestici nelle nostre case, il nostro ambiente acustico è cambiato
notevolmente.
L’orecchio
umano è un organo sempre attivo. Contrariamente alla vista quindi, gli eventi
percettibili (in questo caso i suoni o i rumori) entrano in noi nostro
malgrado.
Lo studioso
Murray Schafer ha definito “paesaggio
sonoro” un qualsiasi campo di studio acustico; ed esso è costituito da eventi
uditi, e non visti.
Un paesaggio
sonoro della natura, o rurale, è stato definito sempre da Schafer come “hi-fi”
(high fidelity). In questo tipo di
“campo di studio”, i rumori ambientali sono così bassi che è possibile
percepire con chiarezza i singoli suoni con discrezione. C’è un primo piano e c’è uno sfondo
(“figura/sfondo”); c’è quindi una “prospettiva sonora”.
Di
contro, un ambiente urbano è “lo-fi”
(low-fidelity), nel quale c’è interferenza fra ogni suono, non c’è più una
prospettiva, ma solo una presenza (e spesso molesta). I singoli suoni vengono “mascherati”
da altri o da rumori. Ricordiamo come i
“rumori” siano emissioni sonore aventi forma d’onda non periodiche.
giovedì 25 aprile 2013
Cosa è jazz e cosa no. Intervista a Bill Evans del 1965
Una interessantissima intervista a Bill Evans e il suo gruppo, del 1965.
Bill Evans afferma due concetti che ritengo essenziali:
- il jazz è una musica del "come", non del "cosa" . Il "jazz process" (come si suona un qualsiasi materiale melodico, non cosa si suona):
- distinzione fra musiche scritte e musiche improvvisate. Oggi potremmo usare in proposito la terminologia di Vincenzo Caporaletti: per le musiche composte e scritte "musiche che utilizzano il medium visivo", e per le altre "musiche che si basano sul principio audiotattile".
testo integrale:
http://www.jazzprofessional.com/interviews/Bill%20Evans_1.htm
Intervista con sottotitoli in spagnolo:
Bill Evans afferma due concetti che ritengo essenziali:
- il jazz è una musica del "come", non del "cosa" . Il "jazz process" (come si suona un qualsiasi materiale melodico, non cosa si suona):
- distinzione fra musiche scritte e musiche improvvisate. Oggi potremmo usare in proposito la terminologia di Vincenzo Caporaletti: per le musiche composte e scritte "musiche che utilizzano il medium visivo", e per le altre "musiche che si basano sul principio audiotattile".
testo integrale:
http://www.jazzprofessional.com/interviews/Bill%20Evans_1.htm
Intervista con sottotitoli in spagnolo:
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