Una prospettiva delle modalità performative (© 2012 by Luca R. Jacovella)
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“ Concertainment” è un modo di concepire e attuare la
performance musicale in un luogo. E’ una forma di condotta di produzione e di
fruizione di “opere” musicali.
Nasce dall’unione dei termini “concert” ed “entertainment”. Il neologismo, da me adottato e qui teorizzato, vuole indicare
perciò una modalità consapevole di proposta artistica “de-localizzata” e
“ricontestestualizzata” rispetto ai luoghi abituali per l’una o per l’altra
categoria tradizionale performativa.
In questa trattazione teorica mi occuperò solo dello
spettacolo musicale. Non verrà preso perciò in esame il teatro – musicale, ed ogni
altra forma mista ad altre discipline artistiche.
Il concerto è,
come risaputo, una prassi avente delle consolidate convenzioni sociali: pubblico
che presta attenzione in silenzio, quindi passivamente, se si tratta di musica occidentale
di tradizione scritta; o pubblico partecipante, se trattasi di musica pop;
ecc..
Il concerto avviene in un luogo solitamente
deputato ad esso (teatro, auditorium, sala da concerto, castello, salotto, music
club, ...), e con una relazione solitamente “gerarchica” fra l’artista, che può
essere anche famoso ed idolatrato, ed
il suo pubblico.
Si può affermare che,
sempre in virtù delle convenzioni sociali e degli usi, durante tutto il momento
temporale dello spettacolo-concerto lo spettatore viene “privato” di una sua
certa dose di libertà di azione.
L'istituzione del concerto come esecuzione musicale pubblica,
aperta a un auditorio pagante un biglietto, è un fenomeno del XVIII secolo,
collegato con l'ascesa economica e sociale della borghesia, e la decadenza
della nobiltà.
L’ascolto romantico e la preminenza del “poietico”:
già in precedenza, nel 700, ma anche durante il romanticismo,
l’uditore aveva un ruolo interamente passivo, non ci si aspettava da questi
alcuno sforzo interpretativo o esegetico. Nell’estetica romantica ci si
concentra unicamente sul creatore, sul genio, e lo si mitizza. Il processo
poietico è quindi centrale nelle preoccupazioni ermeneutiche.
L’entertainment (intrattenimento [1]) invece, semplificando, si
può definire come momento accessorio, di complemento ludico od evasivo, di
svago non impegnativo, ad un evento conviviale, o religioso, quindi di
aggregazione sociale in generale. Tale modalità performativa si esplica
tradizionalmente in luoghi dalle caratteristiche opposte a quelle del concerto:
bassa attenzione (o attenzione intermittente), ascolto distratto, rumori d’ambiente (“ambiente lo – fi” [2]), pubblico definibile più
come “clienti – avventori”, ecc. .. Tutto ciò ha portato inevitabilmente, nella
nostra cultura occidentale, a considerare l’intrattenimento
musicale (termine quindi che indica una diminutio
rispetto al “concerto musicale” eseguito
nei luoghi deputati) una forma di spettacolo di minor pregio, minore prestigio
e conseguente minore valore artistico.
I
musicisti stessi quindi , durante “l’intrattenimento”, anche se preparati o
dotati, in genere assumono nelle loro
condotte una minore attenzione ai particolari artistici significativi:
repertori di immediata comprensione e già “pre-digeriti”
dagli spettatori, minore perizia tecnica, ed ovviamente una generica assenza di
“messaggio narrativo”. Musica che procede per “mimesi” e non per “catarsi”,
usando le categorie dell’estetica classica [3]. Mimesi, o copia
pedissequa (per lo più malfatta anziché pedissequa) di opere nate nel regno
delle musiche “Audiotattili” (termine
introdotto dal musicologo Vincenzo Caporaletti), ovvero i repertori jazz, pop,
rock, ma anche di opere appartenenti ai repertori tradizionalmente scritti e
divenute “popolari” nel tempo (celebri arie d’opera, musica romantica da
salotto,..), musiche “rifunzionalizzate”.
La separazione fra queste due tradizionali categorie
performative (classificazioni
soggettive-oggettive) ha prodotto una dicotomia, una non esplicitata ma
comune valutazione di merito, ed un certo diffuso degrado dell’entertainment,
fino ad arrivare anche a manifestazioni deteriori di pessima qualità, o di
pessimo gusto.
Fino al XVIII° secolo, concerto e intrattenimento coincidevano: la fruizione dell'arte musicale profana era un privilegio delle classi aristocratiche e il quadro sociale nel quale si realizzava l'esecuzione musicale era quello della corte o dei castelli, dei palazzi o dei parchi patrizi. Gli intrattenimenti musicali erano offerti agli ospiti dal nobile padrone di casa, che manteneva a sue spese un'orchestra, o cappella, o un complesso cameristico. Di conseguenza, la particolare situazione sociale del musicista, esecutore o compositore, non era quella di un libero professionista, ma di un salariato membro della famiglia di una casa patrizia.
Fino al XVIII° secolo, concerto e intrattenimento coincidevano: la fruizione dell'arte musicale profana era un privilegio delle classi aristocratiche e il quadro sociale nel quale si realizzava l'esecuzione musicale era quello della corte o dei castelli, dei palazzi o dei parchi patrizi. Gli intrattenimenti musicali erano offerti agli ospiti dal nobile padrone di casa, che manteneva a sue spese un'orchestra, o cappella, o un complesso cameristico. Di conseguenza, la particolare situazione sociale del musicista, esecutore o compositore, non era quella di un libero professionista, ma di un salariato membro della famiglia di una casa patrizia.
Il “Concertainment” (CE) in musica si verifica quindi nel momento in cui l’artista opera una decisione ermeneutica [4], una intentio operandi che si esplica in un modus operandi:
in un luogo non convenzionalmente deputato all’espressione
più “alta” delle forme artistiche, egli
decide di “agire come se”[5].
L’artista, operando un Concertainment,
afferma un personale e soggettivo “Kunstwollen”
(volontà o intenzionalità artistica).
Un esempio eclatante di “Concertainment” è stato
l’esperimento del Washington Post nel 2007 col virtuoso del violino Joshua Bell,
il quale ha suonato col suo Stradivari sotto la metropolitana (guarda il video).
[1]
intrattenére
v. tr. [comp. di intra-
e tenere, con
raddoppiamento della t
per analogia con trattenere]
(coniug. come tenere).
– 1.
Trattenere una o più persone facendo o dicendo cose piacevoli, che interessino
e dilettino (Treccani)
[2]
Ambiente “lo-fi” in contrapposizione ad ambiente “hi-fi”, secondo Murray
Schafer (Il paesaggio sonoro”
[4] L’ermeneutica di Gadamer: ….
[5]
“agire come se..”: neurolinguistica, psicologia
….
Il CE è compenetrazione fra i due modelli performativi
tradizionali, superando i limiti delle convenzioni che ognuna delle due porta
con se. La performance CE è “concerto”
senza che il pubblico debba stare immobile, in rigoroso silenzio, e “privato”
della propria libertà per le l’intera durata delle esecuzioni, ed è allo stesso
tempo “entertainment” senza che il disturbo dell’ambiente procuri significativa
alterazione negativa alla produzione artistica.
Tecnicamente è evidente che un diverso “riverbero” naturale
dell’ambiente, che un diverso feedback sonoro dato da rumori di sottofondo o
assorbimento di alcune frequenze, ed altri fattori, influiscano sulla percezione
sonora dell’artista e quindi sulla performance stessa. Diversa sarà, perciò, la
pressione manuale su uno strumento che a sua volta produrrà diverse dinamiche (a
parità di testo scritto, nel caso di musica classica), e l’interpretazione che
ne deriverà.
Dal punto di vista del pubblico (o casuali spettatori),
quindi dei “fruitori”, il vantaggio risiede (rispetto al tradizionale
entertainment), oltre che nel percepire più o meno consapevolmente una maggiore
“bellezza” (a seconda della propria sensibilità), anche nella “appropriazione” dell’opera
creata in quel momento: essi non sono più soggetti passivi in una sala da
concerto, ma hanno la possibilità di interagire con l’artista, e di essere
parte integrante della performance stessa (ad esempio partecipando con battere
di mani sul tempo, col loro muoversi nello spazio, con incitamenti, ecc.. ).
Il CE assume quindi anche valenza “terapeutica”!
Per l’artista, decidere (quindi intenzionalmente) di operare
in questa modalità, significa intervenire sulla percezione del pubblico,
scrivere una nuova pagina nelle emozioni proprie ed altrui, e cambiare il
tradizionale, e trito, rapporto fra produzione e fruizione.
Il CE è un invito alla libertà e alla responsabilità dello
spettatore, alla “ricezione attiva”. Stanley Fish, principale rappresentante
della corrente “reader-response criticism”, sviluppatasi negli anni 70, sosteneva che fosse il lettore (per noi il
fruitore/ascoltatore) a creare e “scrivere” il testo; il significato è un
evento, qualcosa che accade nell’interazione tra il flusso dei suoni e l’attiva
coscienza mediatrice dell’ascoltatore.
Cambiamento di paradigma: l’artista del CE offre la
possibilità al soggetto fruitore di attivare e sviluppare una nuova sensibilità
mediante l’ascolto, definibile come processo cognitivo dotato di propria
fenomenologia. Vi è quindi una preminenza dell’estesico sul poietico [1].
Secondo questa ultima visione possiamo definire il
Concertainment come “forma aperta”. Il termine è mutuato dal concetto di “opera
aperta” di Umberto Eco.
I gestori o amministratori di spazi tradizionalmente, o per
abitudine, rivolti alla modalità dell’entertainment (hotel, bar, centri
commerciali, piazze comunali, parchi, ecc..), pensando al “Concertainment” come
iniziativa programmatica, operano una scelta, e diventano essi stessi
“produttori” di arte.
Le composizioni
musicali costituenti il “corpus” dei repertori giunti fino a noi, sono in gran
parte state scritte o pensate per un luogo. …
Entro limiti ragionevoli è però oggi possibile eseguire o reinterpretare
musiche composte originariamente per un determinato luogo, in un altro. E’
anche possibile addirittura, tramite gli strumenti tecnologici a nostra
disposizione, avere musica in un “non-luogo”
(le cuffie dell’ipod, ad esempio), ma in questo caso si parla di “schizofonia”
(da “Il paesaggio sonoro” di Murray Schafer).
Possiamo definire questo moltiplicatore infinito di luoghi,
nei quali portare la musica suonata, come “multitopìa”.
Un tipico esempio di CE è l’orchestra classica che suona in
un parco pubblico la domenica mattina. L’intenzione e le modalità esecutive dei
musicisti (punto di vista “emic”)
sono le stesse del concerto in auditorium (salvo i cambiamenti acustici), ma il
fruitore (punto di vista “etic”, dell’osservatore) [2]è libero di passeggiare,
avvicinarsi, assumere condotte inusuali rispetto agli spazi convenzionali; ed è
libero di allontanarsi in ogni momento della performance stessa.
Il “flash mob” con
musicisti è un altro nuovo esempio di CE.
[1]
La coppia di termini (create
dall’intellettuale francese Paul Valéry) serve a distinguere tra il processo di
creazione di un’opera d’arte (dal greco poiesis = creazione/creatività) e il
processo ricezione e percezione dell’opera d’arte (esthesis = sensazione). La
suddivisione è largamente utilizzata dall’analisi musicologica.
[2]
Il linguista Kenneth L.Pike (Emic
and Etic Standpoints for the Description of Behavior Language in Relation to
Unified Theory of the Structure of Human Behavior, [1954], poi The Hague, Mouton, 1966) ha utilizzato i
termini emico ed etico, mutuandoli da 'fonemico' e 'fonetico': il
sistema fonemico è basato sulla suddivisione dei suoni in base alle
differenze specifiche esistenti da linguaggio a linguaggio; il sistema fonetico
è la descrizione dei suoni prodotti dagli organi della parola che sono comuni a
tutti gli uomini).
L'opposizione è stata introdotta in antropologia da Marvin Harris (The Nature of Cultural Things, New York, Random House, 1964) per distinguere il punto di vista interno (emic) e esterno (etic) ad una data cultura, i concetti usati dalle persone che sono oggetto di studio e quelli usati da chi compie lo studio: le percezioni uditive, visive, spazio-temporali assumono significati diversi nelle varie culture e per comprenderli è necessario uno sforzo conoscitivo al di la dei propri modelli di riferimento.
L'opposizione è stata introdotta in antropologia da Marvin Harris (The Nature of Cultural Things, New York, Random House, 1964) per distinguere il punto di vista interno (emic) e esterno (etic) ad una data cultura, i concetti usati dalle persone che sono oggetto di studio e quelli usati da chi compie lo studio: le percezioni uditive, visive, spazio-temporali assumono significati diversi nelle varie culture e per comprenderli è necessario uno sforzo conoscitivo al di la dei propri modelli di riferimento.
Il Concertainment può essere la cura alla dilagante
“schizofonia”; si sostituisce ad essa nei luoghi dominati da “melma sonora”
(produzioni Muzak e similari) quali i supermercati, gli aeroporti, la
metropolitana, eccetera …., in una sorta di “bonifica acustica”.
Schema riassuntivo e comparativo fra le modalità
performative:
CONCERTO
|
ENTERTAINMENT
|
CONCERTAINMENT
|
|
LUOGO
|
istituzionale/dedicato
|
dedicato
|
qualsiasi
|
DURATA
|
stabilita dall'artista
|
stabilita dal committente
|
stabilita dall'artista
|
CONDOTTA DI ASCOLTO
|
attenta e catalizzata
|
distratta/intermittente
|
libera
|
ARTISTA
|
protagonista e autonomo
|
secondario e subordinato
|
protagonista e autonomo
|
FUNZIONE
|
attrazione primaria
|
attrazione accessoria
|
stabilita dall'artista
|
PUNTO DI VISTA "EMIC"
|
fare arte
|
intrattenere, lavorare
|
fare arte
|
PUNTO DI VISTA "ETIC"
|
fruire arte
|
divertirsi, svagarsi senza impegno
|
libero: fruire arte o ignorarla
|
Il problema e i limiti nella concezione della
SIAE:
la Società Italiana Autori ed Editori
distingue i “concerti” dai “concertini”. Come se alla categoria
“film” noi contrapponessimo quella dei “filmini”,
e non piuttosto dei “cortometraggi”. E’
evidente già nel termine una forma diminutiva, dispregiativa, o quantomeno
obsoleta. Vengono definiti “concertini”
dalla SIAE quelle esecuzioni di musica “accessorie” all’attività principale di
un locale, costituita da somministrazione di bevande ed alimenti. Ad ognuna di queste due categorie corrisponde
un colore di “programma musicale” (borderò): blu per i concerti e rosso per i
concertini. Alle diverse classificazioni sulla cui base la SIAE rilascia un
diverso “permesso per esecuzioni” corrisponde
inoltre una diversa distribuzione dei proventi, ma non è questa la sede per
entrare nel merito delle “ordinanze di
ripartizione”. In genere quindi, ogni
qualvolta si suona in uno spazio, ad esempio, di un Albergo, si è in regime di
“concertino”, a prescindere totalmente dai contenuti artistici, dalla
predisposizione del pubblico, dal repertorio e dalla caratura dell’interprete
(definito unicamente “direttore delle
esecuzioni”).
Per la SIAE la discriminante è quindi unicamente il luogo (e
la conseguente “accessorietà” della musica rispetto all’attività principale).
E’ tuttavia possibile richiedere un permesso di “esecuzioni di musica seria” (programma blu) in un Hotel: prendiamo
il caso di un concerto di un ensemble da camera in una sala privata della
struttura, per una commemorazione o evento di gala. Anche qui però avviene
qualcosa che conferma la prima discriminante. Dobbiamo sapere innanzitutto che
la cosiddetta “musica seria” gode di maggiorazioni al momento della
ripartizione dei diritti. Di anno in anno, infatti, una apposita commissione si
riunisce e stabilisce l’entità di queste maggiorazioni, pensate come un incentivo
alla produzione di musica ”colta”. Succede però, a distanza di oltre un anno
dall’evento, che le esecuzioni di “musica seria” in hotel, pur qualora ci siano
state tutte le premesse di norma, non godano poi delle maggiorazioni previste o
attese, in quanto la SIAE reputa, a posteriori, che la “sede” non sia stata “pertinente”.
Quelle opere tutelate eseguite in quel determinato contesto, non hanno quindi
“meritato” le maggiorazioni. Ecco quindi
come la discriminante “luogo”, ad opera della SIAE, sia assoluta rispetto alle
molteplici e diverse fattispecie possibili nella produzione musicale. In
sintesi, nella visione della SIAE, laddove ci sia somministrazione di cibi e
bevande come attività principale, non può esserci un “concerto”. Non viene
evidentemente considerata gran parte della storia del jazz del secolo
scorso. Lo stesso problema sia ha con il
non-riconoscimento dell’improvvisazione estemporanea quale generatrice di
diritto d’autore; o con la diversa tariffazione dei “trattenimenti danzanti”,
ma non mi addentrerò in questa sede.
Abbiamo quindi visto alcune categorie di pensiero e
classificazioni ormai superate dalla evenemenzialità[1] delle espressioni creative,
alle quali però ne conseguono regole economiche e prassi burocratiche che
limitano in parte la libertà di espressione ed il naturale fluire dell’energia
artistica.
Il “Concertainment” invece, identifica un terzo macro-modello
performativo, attuabile in ogni spazio, laddove ci sia desiderio o volontà di
rompere gli schemi abituali e di offrire la musica d’arte alla portata di
tutti.
2012/2013 by
Luca R. Jacovella
[1]
evenemenziale
agg. [dal fr. événementiel,
der. di événement
«evento»]. – Fattuale, cronachistico; in partic., in campo storiografico è
stata così definita dalla rivista Annales
(fondata nel 1929 da M. Bloch e L. Febvre) la ricerca storica prevalentemente
incentrata sulle vicende politiche e militari e, più genericam., sul racconto
di avvenimenti in contrapposizione a una concezione problematica e
interdisciplinare della storia. (Treccani)
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